Friedhelm Fähner, rispettabile medico ultrasettantenne, massacra senza motivo la moglie a colpi d’ascia dopo quarant’anni di matrimonio. La giovane Theresa Tackler uccide l’amato fratello per salvarlo dalla vita. Una donna è accusata di aver ammazzato il marito in un piccolo villaggio bavarese, a seguito di una pratica sessuale estrema. Un giovane fa a pezzi il cadavere di un uomo trovato in casa sua, pensando che sia stata la sua fidanzata ad assassinarlo. Un uomo senza nome elimina a mani nude due skinhead armati di coltello e mazza da baseball per legittima difesa: è un killer di professione. Un altro viene assolto dopo aver ferito la sua ragazza: voleva mangiarla, ci riproverà. I membri di una banda di paese, bravi padri di famiglia, durante una festa di piazza si tramutano in mostri. Per la sua intera esistenza, Ferdinand von Schirach si è occupato delle infinite manifestazioni del male. Non soltanto per gli oltre ottocento procedimenti penali che lo hanno visto nel ruolo di avvocato della difesa, ma anche per il suo desiderio di fare i conti, come molti della sua generazione, con le pagine oscure della storia nazionale. La sua ricerca, umana ancor prima che professionale, tende alla comprensione di quell’attimo in cui il male può impadronirsi, senza motivo e senza preavviso, di un uomo o una donna inducendoli a perdersi, a infliggere dolore, a uccidere. Da questo lungo viaggio è nato uno dei piú noti scrittori tedeschi contemporanei. I racconti dei suoi veri casi, per la prima volta qui riuniti in un unico volume, parlano con una lingua scarna eppure empatica dell’abissale solitudine dell’essere umano, dell’orrore verso sé stesso di chi commette un crimine, del vuoto spaventoso che ogni morte violenta lascia dietro di sé. E del continuo, necessario interrogarsi sui temi della colpa, dei motivi di un delitto, dell’adeguatezza della pena, fino alla resa di fronte all’irriducibile complessità dell’esperienza umana. «Forse hai ragione e non c’è nessun delitto e nessuna colpa» disse, «però c’è un castigo». «Ogni volta rimango meravigliato di fronte al dono di Ferdinand von Schirach: riesce a cogliere il contraddittorio nello spazio piú ristretto, sa disegnare il grande spazio emotivo in poche parole. Mi commuove fino alle lacrime questa combinazione di precisione senza sentimentalismi e di meravigliosa empatia che rende i suoi testi ineguagliabili». Michael Haneke «I bei libri di von Schirach rappresentano quello che, con una definizione troppo frivola per il suo caso, potremmo chiamare il suo violon d’Ingres: una prosa contenuta, asciutta, ellittica». la Repubblica «Un maestro delle ombre». Corriere della Sera