Un divorzio doloroso, una grande casa vittoriana da lasciare per un edificio fatiscente su una collina nel nord di Londra, due figlie da crescere e bollette che si accumulano. A cinquant'anni, Deborah Levy deve ricostruire la sua vita, occuparsi di se stessa e soprattutto trovare un posto dove scrivere. Quando una vicina le viene in aiuto, offrendole in affitto il suo capanno, Levy ne fa la sua stanza tutta per sé, trovando una nuova voce, una prima persona che fonde insieme memoria e presente, la donna e l'artista.
Nel secondo capitolo della sua Autobiografia in movimento, Deborah Levy parla di scrittura, relazioni e della perdita di sua madre, e sfata il mito della casa come luogo dove soddisfare tutti tranne se stessa. Vivido, brillante e struggente, Il costo della vita è uno straordinario manifesto sull'essere donna, su come rifiutare regole sociali subdole e oppressive; in continuo dialogo con le sue autrici di riferimento – Woolf, de Beauvoir, Duras – Levy racconta se stessa e il prezzo da pagare per costruire una casa che le assomigli, abbracciando la paura e l'ebbrezza della libertà e dell'arte.