L'idea di una "riscrittura" della Commedia dantesca venne in mente a Pasolini fin dal 1963, e lo accompagnò per il resto della vita. Solo nel 1975, infatti, egli si decise a dare alle stampe le pagine già scritte, che videro la luce postume. Con l'intenzione di creare qualcosa di "ribollente e magmatico", Pasolini si addentra in un inferno neocapitalistico e, dando voce a polemiche culturali e sociali, in un continuo intreccio di realtà e invenzione, offre un catalogo dei peccatori della sua epoca: i conformisti, i volgari, i cinici, i deboli, gli ambigui, i paurosi, i piccoli benpensanti, i servili... Nonostante ci restino solo i primi due canti, più alcuni frammenti del III, IV e VII, La Divina Mimesis rimane un'opera forte, necessaria, l'eredità dell'ultimo poeta civile italiano.